Per una madre, i figli sono semplicemente figli, prima e al di là dei loro compiti e ruoli; per Maria le membra del Cristo sono semplicemente il figlio suo, quello accettato sotto la croce (cfr Gv 19,26), prima e al di là di quanto dovranno fare, nella distinzione dei compiti, per e nella Chiesa.
Direi che in Maria viene alla luce l’essere, nella sua purezza, da cui sorga il fare – le molteplici operazioni -, ma che, come essere, non è esaurito in esse né con esse si identifica.
Ella è la custode, con il Padre, della libertà e dell’uguagliaza all’interno del popolo di Dio. (…)
Uguaglianza che non è appiattimento perché ha la sua sorgente nella vita trinitaria, dove ciascuno dei Tre è l’Unico – uguale, quindi, agli Altri Due, ma in una sua esistenza irripetibile.
Giuseppe Maria Zanghì (Dio che è Amore, Città Nuova, Roma 2004,pp.139-141)
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