Struttura della celebrazione
Attualmente, nel rito Romano, i vespri sono formati da:
- saluto iniziale;
- un inno, che nelle Domeniche e nelle ferie (celebrazioni dei giorni feriali) del Tempo di Avvento, di Natale, di Quaresima e di Pasqua, si prende dal proprio della liturgia delle ore, mentre per le Domeniche e le ferie del Tempo Ordinario si prende dal salterio.
- la salmodia, formata da due salmi o da due parti di salmi e da un cantico del Nuovo Testamento, che si recitano ciascuno con l’antifona richiesta dall’ufficio che si celebra.
- una lettura breve: nell’ufficio delle domeniche e delle ferie, la lettura breve si prende dal Proprio del Tempo o dal salterio; nelle solennità e nelle feste si prende dal Proprio o dal Comune; nelle memorie dei santi, quando non vi sia una lettura propria, si può scegliere tra la lettura del Comune o quella della feria;
- una lettura lunga: in sostituzione della lettura breve soprattutto nella celebrazione con il popolo. Può essere seguita da una breve omelia;
- un responsorio breve: viene recitato o cantato un ritornello responsoriale, tratto dalle Scritture, e intervallati da un versetto (anch’esso di provenienza biblica) e dalla prima parte del Gloria al Padre. Serve quale meditazione conclusiva sulla lettura breve precedente;
- il cantico evangelico del Magnificat, o della Beata Vergine, con la rispettiva antifona (variabile in base al giorno);
- le intercessioni (brevi preghiere di ringraziamento per il giorno appena trascorso, di cui l’ultima sempre dedicata ai defunti);
- la recita del Padre Nostro;
- l’Orazione conclusiva (variabile giorno per giorno);
- il saluto finale con la benedizione (nella celebrazione comune presieduta da un diacono o un sacerdote).
Origini:
Prima della scrittura della Regola di San Benedetto (anni 530-43), che rappresenta una codificazione dell’ufficio dei vespri, si aveva un ufficio serale corrispondente ai vespri e a compieta. Il nome era variabile. San Benedetto la chiama Vespera, il nome più comune in quest’epoca è, però, Lucernalis oppure Lucernaria hora.
Il nome è dovuto al fatto che si accendevano le candele, sia per il simbolismo che per motivi funzionali.
Il rito del Lucernarium è citato anche in altri scrittori del IV secolo come Sant’Agostino, Sant’Ambrogio, San Basilio Magno, Sant’Efrem il Siro e, poco dopo, in vari concili in Gallia e in Spagna o in testi di monasteri. Plinio il giovane, nella sua famosa lettera scritta agli inizi del II secolo, parla di riunioni liturgiche dei cristiani al mattino e alla sera “coetus antelucani et vespertini“.
I vespri, insieme alle Vigilie, sono il più antico ufficio liturgico conosciuto della Chiesa.
L’ora di esecuzione della preghiera variava fra l’ora decima (le 16) e l’ora dodicesima (le 18). Si trattava dell’ora del tramonto, celebrata prima che la luce calasse, senza necessità di torce o candele. In precedenza, prima dell’introduzione dell’ufficio di compieta a carattere più spiccatamente notturno, i vespri erano celebrati dopo il tramonto.
(Liberamente tratto da Wikipedia)
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